Da Josè Arcadio ad Aureliano babilonia, dalla scoperta del ghiaccio alle
pergamene dello zingaro Melquiades finalmente decifrate: "Cent'anni di
solitudine" di una grande famiglia i cui componenti vengono al mondo, si
accoppiano e muoiono per inseguire un destino ineluttabile, in attesa
di un figlio con la coda di porco. "Cent'anni di solitudine" rimane un
capolavoro insuperato e insuperabile, che nel 1982 valse al suo autore
l'assegnazione del premio Nobel. Un libro tumultuoso con i toni della
favola, sorretto da una tensione narrativa fondata su un portentoso
linguaggio e su un'invidiabile fantasia. Garcia Marquez ha saputo
rifondare la realtà e fondare Macondo, il paradigma della solitudine,
una situazione mentale e un destino più che un villaggio. Lo ha
costretto a crescere avvinghiato alla famiglia Buendìa. Lo ha
trasformato in una città degli specchi e lo ha fatto spianare dal vento.
In questo universo di solitudini incrociate, impenetrabili ed eterne,
galleggia una moltitudine di eroi predestinati alla sconfitta, cui fanno
da contraltare la solidità e la sensatezza dei personaggi femminili. Su
tutti domina la figura di aureliano Buendìa, il primo uomo nato a
Macondo, colui che promosse trentadue insurrezioni senza riuscire in
nessuna, che ebbe diciassette figli maschi e glieli uccisero tutti, che
fuggì a quattordici attentati e a un plotone di esecuzione per finire i
suoi giorni chiuso in un laboratorio a fabbricare pesciolini d'oro.
Carmen Mazzei
l'ho letto tanti anni fa'....ho intenzione di rileggerlo, è un libro bellissimo una storia assurda.
RispondiEliminaLina Colosimo