"Alla maggior parte degli uomini e delle donne non è data, né per nascita né coi propri sforzi, la possibilità di diventare ricchi e potenti, mentre il sapere è alla portata di chiunque" (Pitagora).

domenica 19 maggio 2013

Raphael - Alle Fonti della Vita

D. Mi sono sempre posto un Ideale, ma presto o tardi esso mi è crollato.
Disperatamente cerco qualcosa che mi dia il senso della vita, ma ogni qualvolta mi guardo
attorno non vedo altro che le macerie di questi ideali. Oggi arrivo a chiedermi se la vita
abbia veram
ente uno scopo. Che cosa mi può dire?
R. L'uomo erra nella foresta del divenire, corroso dal dubbio, dal conflitto e
dall'incompiutezza. In questo intero processo di solitudine e d'ignoranza cerca di
aggrapparsi a dei sostegni che noi chiamiamo ideali. Ma col tempo dovrà arrendersi
proprio perché gli sfugge il vero scopo dell'esistenza. Quale potrebbe essere questo scopo?
D. Penso, quello di comprendersi?
R. Che cosa intendiamo per comprensione? Vi prego, cerchiamo di afferrare assieme
questo concetto, altrimenti il nostro non è un dialogo realizzativo, ma una semplice
conversazione da salotto. Se a un individuo viene detto che la strada che sta seguendo è
senza alcuna uscita, che se desidera arrivare alla mèta deve prendere quella opposta e lui,
pur affermando d'aver capito, continua a percorrere il vicolo cieco, vuol dire che non ha
invero compreso.
Comprendere significa prendere con sé un dato, integrare un contenuto concettuale,
penetrare l'essenza di una cosa. Dunque, se comprendiamo la nostra vera Essenza, non
possiamo non essere quell'Essenza, in ogni luogo, tempo e causalità.
D. Questo atto del comprendersi richiede tempo, ritiro dal mondo e solitudine.
Come posso io, che lavoro quotidianamente e che mi trovo in questo mondo così frenetico,
giungere a quello stato favorevole?
R. Per comprenderci dobbiamo proprio ritirarci nella giungla o in montagna? Sia che
stiamo in città, in campagna o altrove, noi portiamo ovunque il nostro conflitto e la nostra
incompiutezza. Possiamo trovarci in alta montagna, circondati da solitudine, e avere una
mente irrequieta e tutt'altro che silenziosa; ciò può non accadere invece dimorando in
città. Il raccoglimento è un'attitudine mentale. La comprensione di sé non dipende dal
luogo e dal tempo; l'io, purtroppo, cerca sempre di evadere il problema di fondo.
Possiamo comprenderci quando siamo oberati dal lavoro? Chi è che lavora? Che relazione
c'è tra noi e il lavoro? Che cos'è il lavoro? Possiamo lavorare pur stando altrove con la
mente? Mentre camminiamo, per esempio, possiamo pensare a un qualunque
avvenimento? Scoprire tutto ciò significa comprendersi e questo processo lo si può
realizzare in qualunque condizione psico-fisiologica.



Questo volume raccoglie una serie di domande e risposte tra Raphael e alcune persone interessate alla "ricerca"; in esso c'è un sottofondo dominante che si pone all'attenzione del lettore: l'origine del conflitto e la conseguente sofferenza umana.
Il conflitto-sofferenza è essenzialmente il risultato del divario tra ciò che l'uomo ha ed è e ciò che vorrebbe avere ed essere. Quando tra queste due possibilità c'è concordanza perfetta non può esserci conflitto.
Nelle sue risposte Raphael coinvolge lo stesso interlocutore nella ricerca e nello svelamento dell'Ultima Realtà. Egli presenta dimostrazioni serrate e stringenti, incalza l'interrogante a retrocedere nel processo pensativo e ad allontanarsi sempre più dalle "apparenze" fino a lasciarlo "senza sostegni". Alcune risposte sembrano ardite, ma è bene considerare che Raphael si pone dal punto di vista dell'Advaita.

Nessun commento:

Posta un commento